Botta e risposta con la violoncellista cubana, stella nascente del circuito discografico e concertistico internazionale che a breve si esibirà anche in Italia
A dispetto della giovane età, mostra già un notevole carattere: il piglio, la tecnica e il movimento scenico di chi possiede un profilo artistico ben definito. Ana Carla Maza 'è nata a Cuba quando Wim Wenders girava Buena Vista Social Club», come recita la sua biografia. II suo primo approccio è al pianoforte e, contestualmente, al canto. Poi arriva il violoncello, addirittura per mano di Vincent Courtois, eccellente strumentista e compositore francese ben noto ai nostri lettori. Ana Carla mette insieme la sua natura latina con la sua passione per il jazz e i suoi studi classici. E lo fa con una naturalezza e una spigliatezza uniche, anche perché associa al violoncello una voce decisa, stentorea e ricca di armonici. Senza contare la sua vena creativa anche in ambito compositivo.
Vorrei iniziare dal tuo strumento, il violoncello. Non ti chiederò perché hai scelto questo strumento, ma perché hai scelto il jazz e altre musiche invece della musica classica.
Crescendo a Cuba ascoltavamo musica latina, musica del Brasile, dell'Argentina, del Cile, della Repubblica Dominicana. Da Cuba provengono Los Van Van, Israel Lopez «Cachao», Bebo Valdés. lo sono latina, quindi è per questo che suono musica latina. Per me il jazz è la libertà di mescolare tutte le sonorità, stili, linguaggi e generi.
Prima di «Bahia» del 2022 c'è «La Flor» del 2020, ma la tua discografia su Spotify comprende anche un live del 2016, «Solo Acoustic Concert».
«Solo Acoustic Concert» è un album che ho pubblicato mentre studiavo a Parigi. Dovevo lavorare per vivere e quindi, naturalmente, suonavo. È un album che comprende brani che ho scritto in quel periodo della mia vita.
Considerando che i tuoi primi due album sono entrambi in solitudine, potremmo dire che è questa la dimensione musicale che ti piace di più?
Per me era importante poter andare all'essenza della musica latina, da cui il progetto solista, e da lì aggiungere materiale, colori e strutture, che hanno portato al mio nuovo album in sestetto.
Il tuo strumento di partenza è stato il violoncello o la voce?
Ho iniziato cantando e il mio primo strumento è stato il pianoforte, al quale sono stata avviata da Miriam Valdés, sorella di una leggenda vivente come Chucho Valdés. I miei genitori avevano una scuola di musica e mia madre dirigeva un coro per bambini, nel quale ho iniziato a cantare e suonare. La scuola di musica dei miei genitori era frequentata da molti studenti e insegnanti che provenivano da diverse parti del mondo. Un giorno Vincent Courtois, strumentista già affermato, portò un violoncello alla scuola dei miei genitori, me lo diede e me lo fece suonare per la prima volta. Ho studiato molto il jazz e la musica classica. Ho iniziato a trovare il mio suono a tredici anni, e il modo in cui ho imparato a suonare il violoncello è dalla pancia e con il cuore.
Trovare un suono con il peso del mio corpo, di modo che il violoncello diventi parte del mio corpo. E soprattutto il suono è un riflesso dei miei sentimenti.
A proposito di voce, tu canti in spagnolo, portoghese brasiliano e francese, ma non in inglese. È una scelta deliberata, casuale, linguistica o politica?
Le mie radici sono nella musica latina, sento che una persona deve essere fedele alla sua anima. Per me Cuba è questo.
Non ci sono cover o standard nei tuoi dischi. Anche questa è una scelta deliberata o casuale?
Nella musica latina le donne cantano e gli uomini fanno tutto il resto. Così ho deciso di affrontare questo nuovo disco senza un produttore. Sono arrivata in studio con tutte le partiture, scritte per un sestetto, strumento per strumento. Ho una formazione classica, posso suonare Brahms o Šostaković, la cui musica è complicata. Allora perché non affrontare una nuova sfida: produrre interamente un album di musica latina che rifletta la mia sensibilità femminile, il mio desiderio di celebrare positivamente il qui e ora, di allegria, la gioia spontanea?
Quali sono gli artisti che apprezzi di più?
Adoro Gilberto Gil, Los Van Van, Rubén Bladés, Natalia Lafourcade, Marisa Monte. Prossimamente sarai di scena al Bergamo Jazz Festival. Che repertorio potrà ascoltare il pubblico? Principalmente saranno brani tratti dal mio ultimo album «Ca ibe» uscito a ottobre.
Prossimamente sarai di scena al Bergamo Jazz Festival. Che repertorio potrà ascoltare il pubblico?
Principalmente saranno brani tratti dal mio ultimo album «Ca ibe» uscito a ottobre.
Qual è il messaggio che vorresti dare ai tuoi fan?
Il mio è un invito a un viaggio immaginario in America Latina. Sei nata a Cuba. Dove vivi adesso? Vivo a Barcellona.
Qual è il tuo rapporto con la musica jazz?
Credo che la musica jazz debba essere suonata da esseri umani, mentre oggi c'è molta musica dal vivo suonata da macchine. Ritengo che il jazz debba soprattutto essereacustico, naturale. Per questo lo amo.
La musica è per te intelletto, anima, marketing, tradizione?
La musica, per me, è il mio modo di vivere. Da cubana, la ritengo parte della mia cultura. Per me uno stile musicale è definito dalla propria esperienza, e personalmente la mia vita è segnata dai viaggi e dalla musica. Questa è la mia identità ed è parte di ciò che sono.
A proposito di marketing, tu sei giovane: qual è il tuo rapporto con i social media? Pensi che sia necessario per un musicista occuparsi di questo aspetto?
Credo che la cosa più importante per un musicista sia fare musica di qualità e renderla disponibile a tutti.
Parlando di Internet e tecnologia, cosa ne pensi dello streaming?
Penso che la vera musica sia quella dal vivo, si capisce che un musicista è bravo quando lo si ascolta dal vivo.
Qual è l'ultimo disco che hai ascoltato?
Hasta la Raiz di Natalia Lafourcade.
Quanto tempo dedichi quotidianamente alla pratica della voce e del violoncello? Almeno tre ore al giorno per comporre e suonare. Quando mi sveglio ogni giorno, la prima cosa che faccio è scrivere. Per me è come una meditazione.
Come si articola il tuo processo creativo?
Scrivo ogni giorno, proprio come un atleta si allena. Faccio musica. Esiste una linea sottile tra scambio culturale e appropriazione.
Cosa ne pensi dei limiti della copia, dell'uso di segni e simboli culturali e della specificità culturale/sociale/di genere dell'arte?
Per me la musica che scrivo è una lettera d'amore all'America Latina, con le conoscenze musicali tramandate di generazione in generazione. Tutto questo per dire che sì, abbiamo una cultura musicale davvero ricca.
Ritieni che il divario di genere nell'industria musicale esista ancora oggi?
Non c'è dubbio: so benissimo che esiste ancora oggi un forte divario di genere. Per questo è importante che io scriva e produca la mia musica. Soprattutto per la prossima generazione.
L'arte può essere uno scopo a sé stante, ma può anche avere un riscontro diretto nella vita quotidiana, assumere un ruolo sociale e politico e portare a un maggiore impegno. Puoi descrivere il tuo approccio all'arte e all'essere artista? Credo che l'arte sia condividere le emozioni, l'amore, la gioia, la tristezza e così via.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vivere nel presente. Se pensiamo al futuro diventiamo nervosi, se pensiamo al passato possiamo diventare tristi. Per questo è importante essere nel presente.
By ALCESTE AYROLDI
Musica Jazz - February 2024
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